ClimADA è la seconda fase di un progetto che ha l’obiettivo di ricostruire l’evoluzione climatica degli ultimi secoli attraverso l’analisi del ghiacciaio più profondo d’Italia, l’Adamello.
Dopo il progetto ADA270 che ha visto l’estrazione di una carota di ghiaccio lunga 224 metri nell’aprile 2021 dal ghiacciaio, si procede ora alla sua analisi per ricostruire le condizioni climatiche ed ambientali della parte centrale delle Alpi negli ultimi 1000 anni, l’impatto antropico nell’area di alta montagna alpina, la dinamica delle specie vegetali e dei grandi incendi avvenuti negli ultimi secoli.
Il campione di ghiaccio è in osservazione nei laboratori dell’EuroCold dell’Università Bicocca di Milano dove è conservato ad una temperatura costante di -50°.
Il progetto ClimADA, coordinato dalla capofila Fondazione Lombardia per l’Ambiente, coinvolge anche l’ente territoriale della Comunità Montana della Valle Camonica, l’ente gestore della Parco Regionale dell’Adamello.

ClimADA, studio del passato e previsioni per il futuro
Le osservazioni che usciranno da questo studio saranno la base di partenza per tentare di prevedere il clima di domani. “I ghiacciai sono sentinelle dell’azione antropica” spiega Mita Lupi, responsabile ricerca, sviluppo e sostenibilità della Fondazione Lombardia del l’Ambiente che sta portando avanti il progetto ClimADA.
I cosiddetti “ghiacciai eterni” oggi sono in pericolo a causa dell’innalzamento della temperatura. Uno o due gradi in più rispetto a qualche decennio fa sembrano poca cosa, ma “quando un ghiacciaio ha vissuto sempre a -1°C e si trova poi a +1°C significa che la sua massa di ghiaccio diventa acqua, con l’aggravante che si tratta di un processo irreversibile” spiega Antonio Ballarin Denti, presidente del comitato scientifico di Fondazione Lombardia per l’Ambiente.
Tale innalzamento di temperatura provocherà la riduzione delle aree utilizzate per lo sci estivo e la pratica dello sci invernale solo oltre ai 2.000 metri di quota. I versanti montani diventeranno più instabili con rischio aumentato di frane e valanghe. Diminuirà la quantità d’acqua che alimenta i bacini alpini e idroelettrici con conseguente calo di produzione di energia.
Si prevede che dopo il 2050 la maggior parte dei ghiacciai del versante italiano delle Alpi sarà scomparso. “Il danno ormai è fatto” dice Ballarin Denti.
Cosa fare dunque? Cercare di non peggiorare la situazione azzerando la produzione dei gas che provocano il riscaldamento dell’atmosfera, eliminando i combustibili fossili introducendo politiche di adattamento che neutralizzino gli impatti negativi del cambiamento climatico e permettano di sfruttarne le opportunità.
