Il 7 marzo a Torino è stato presentato il dossier di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica”.
Diversi le categorie analizzate da cui emerge che l’Italia è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita dall’Austria con il 70%, la Svizzera con il 50%, la Francia con il 39% e la Germania con il 25%.
La crisi climatica e l’aumento delle temperature stanno provocando pesanti cambiamenti nell’ambiente montano, dove le precipitazioni sono ormai ridotte con conseguenze negative sul turismo invernale la cui attività principale è lo sci. La scarsità o mancanza di neve è stata arginata con l’innevamento artificiale, una pratica non sostenibile che fa male all’ambiente e che è uno sperpero di soldi pubblici.
I consumi di acqua, energia e suolo sono consistenti. È stato stimato che in Italia per l’innevamento artificiale il consumo di acqua annuo può raggiungere 99 milioni e 840 mila di metri cubi, corrispondenti al consumo idrico annuo di una città con circa 1 milione di abitanti. Il costo della produzione di neve artificiale sta aumentando considerevolmente, si è passati dai 2 euro circa al metro cubo del 2021-2022 ai 3-7 euro al metro cubo del 2022-2023. L’innevamento artificiale richiede inoltre sempre maggiori investimenti per le nuove tecnologie, costi che devono essere sostenuti dalla pubblica amministrazione.
Nevediversa 2023, un nuovo modello di turismo invernale
Dal report Nevediversa 2023 emerge che il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia e il secondo più caldo in Europa. Il maggiore incremento di temperatura è stato registrato nell’arco alpino.
“La neve artificiale che negli anni ottanta era a integrazione di quella naturale, ora costituisce il presupposto indispensabile per una stagione sciistica, a tal punto che i comprensori per sopravvivere richiedono sempre nuove infrastrutture.” spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente.
“ Non si considera però che se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l’innevamento semplicemente non sarà più praticabile se non in spazi molto ristretti di alta quota, in luoghi dove i costi già elevati della neve e della pratica sportiva subiranno incrementi consistenti, tanto da permettere l’accessibilità dello sci alpino unicamente ad una ridotta élite, così come accadeva nel passato.”
“Lo ripetiamo, le nostre montagne stanno cambiando: pochissima neve, nevica più tardi e la neve è più bagnata e più pesante. È la fine di un’epoca, che però deve essere accompagnata da un nuovo modo ecosostenibile di ripensare il turismo insieme ad un nuovo approccio culturale. Per questo è fondamentale sostenere le buone pratiche che si stanno sviluppando nelle nostre montagne.”
Da quanto emerge dal report Nevediversa 2023 è dunque arrivato il momento di pensare ad un nuovo modello di turismo invernale.
